Il nostro futuro: utopico o distopico?
Non apparteniamo alla categoria
degli utopisti a tutto tondo che auspicano l’arrivo dell’era del cinghiale
bianco. Ci è rimasta per fortuna la necessaria concentrazione sui fatti, sugli
uomini e donne che muovono le carte nei giorni della c.d. transizione.
Non intendiamo riferirci a qualcosa
di particolare ma ad un passaggio da un momento ad un altro della nostra
storia. Stiamo aspettando qualcosa che migliori il nostro stato attuale,
certamente non positivo, con qualcosa di meglio.
Inutile fare riferimenti al momento
attuale in quanto sono attivi nel nostro pianeta 56 conflitti che non hanno
certo soluzioni immediate, compresi quelli che conosciamo già perché se ne
parla tutti i giorni da due anni.
In simili condizioni non è possibile
auspicare ottimistiche soluzioni. Si può solo sperare che qualcosa vada storta
a qualcuno dei belligeranti perché finisca una guerra. Viceversa non vi sono
alternative.
I nuovi ricchi (i costruttori di
armi) sanno che le guerre sono necessarie per rimpinguare i loro portafogli e
non hanno necessità di far finire una contesa. Anzi.
E questo, senza dubbio, è un
bruttissimo affare.
Le lobby che manipolano la politica
non si faranno tanto facilmente mettere da parte. Tutto ruota come sappiamo, e
come si sa da tempo, intorno al denaro. Non esistono quindi alternative e
l’utopica visione di un mondo migliore, in pace e senza conflitti, è solo
l’onirica visione del Papa.
La cosa più possibile è solo una realtà
distopica nella quale tutti dovremo lottare non per vivere, ma per
sopravvivere. E non solo per mancanza di beni primari o secondari, ma per la
salute che sarà messa a serio rischio dalle porcherie che infesteranno
l’atmosfera. Non è catastrofismo a buon mercato, come potrebbe pensare un
ottimista, ma semplicemente una constatazione possibile di un diverso modo di
vedere come potrebbe essere il nostro futuro.
E potrebbe non piacerci.
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