La new generation.
Pietro
Giannini 13/09/2016
Un servizio, messo in onda
ieri da RAI 1, informava circa una sorta di passatempo sperimentato da alcuni
giovani che sarebbero stati multati dalla Polizia Postale perché stavano
facendosi delle foto sui binari ferroviari mentre un treno sopraggiungeva alla loro
spalle. Una ragazza, intervistata sulla bravata, diceva che lo facevano per
provare “nuove emozioni”.
Ora, che si fosse arrivati a
raschiare il barile della stoltezza precoce non c’erano dubbi, ma arrivare al
tentativo di suicidio incosciente è cosa che non avevamo ancora visto. Ma purtroppo
è così.
I nostri giovani, particolarmente quelli fra i
13/14 anni ed i 23/24 sono quelli più esposti a questi rischi. Che siano rimbecilliti
per via dell’aria che tira, o a causa delle persone che frequentano, secondo un
pessimo alibi di molti genitori? Niente
di particolare, quindi? NO! C’è molto di
particolare nella storia dei giovani d’oggi.
La cosa più grave è l’assenza perdurante,
nella loro vita, della famiglia e delle istituzioni. Entrambe intese come
luoghi dove avviene la prima formazione del futuro uomo.
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Una famiglia moderna a colazione. È evidente il silenzio che domina e che li allontana l'uno dall'altro. |
La vita di oggi, con i suoi aspetti a-socializzanti, lascia molti giovani orfani di quella che è la prima cellula di accoglienza della loro vita, fondamentale per il loro futuro: la famiglia.
Il lavoro sempre più frenetico, più intenso, con turni sempre più disumani,
rende difficile qualsiasi convivenza all'interno di un nucleo familiare, così,
ogni membro di essa, diviene sempre più estraneo all'altro.
Ci si frequenta sempre meno
e ci si vede, tutti insieme, sempre più di rado. È una folle solitudine che porta
i ragazzi, abbandonati a se stessi, al pessimismo, all'insoddisfazione, all'insicurezza.
Tutti elementi che determinano la necessità di cercare fuori casa quel che in
casa non c’è più o non c’è mai stato: il dialogo. E crescono allo stato brado, incontrollati,
incontrollabili tanto che non fanno quasi più fatica a prendere il sopravvento
su una famiglia che non c’è più, sfuggendo a qualsiasi controllo parentale.
Ma fuori le mura, ancora
accoglienti, di casa propria c’è un in agguato un sistema sociale deteriorato, con
i suoi mali, le sue sconfitte morali, i suoi peccati capitali, i suoi vizi e le
mille profferte di una collettività squallidamente commerciale, che esercita
una fascino irresistibile su queste menti un po’ deboli, e che crea ad arte dei
“bisogni” assolutamente inutili, ma altamente vantaggiosi economicamente, che
con adeguata pressione pubblicitaria, spingono all’eccesso la frenesia di
possedere il nuovo oggetto del desiderio del momento.
Ed è il forte impulso del
desiderio che spinge a ricercare modi, anche violenti, per appagarlo.
Abbandonano, se mai li
avessero avuti, i più elementari valori di civile convivenza, per aprire la
porta alla violenza spicciola, all’abuso quotidiano, si creano piccoli gruppi
di facinorosi bulli da strada che terrorizzano, e derubano i compagni di scuola
meno protetti.
Privi di sane motivazioni,
cercano di crearsene di altro tipo, e si abbandonano al peggio che c’è in
ognuno di noi. Da veri gangster in erba picchiano, derubano, cercano facili
soldi per bere ed ubriacarsi o drogarsi. Violenti con se stessi e con gli altri,
non cercano nemmeno di intavolare una discorso con i loro genitori sempre più impegnati
e sempre più assenti.
La perdita di questi
elementi valoriali spinge i più deboli al di fuori del consesso civile, spesso
anche oltre i confini del lecito, laddove si assottiglia la distanza fra
l’indifferenza e l’odio.
Le cause di questo dramma,
che percuote con violenza le vite dei nostri ragazzi, sono talmente vaste,
profonde e radicate nella nostra società civile, che non basterebbe un anno per
individuarle e per descriverle.
Quello che è naufragato
miseramente, sotto i colpi del disagio degli adolescenti, è senza dubbio la speranza
di un futuro. La nostra società non aiuta i giovani a trovare un lavoro, non
offre prospettive valide di occupazione, non garantisce un’esistenza decente,
non alimenta la speranza.
La caducità della vita, cui
si ispirava Ungaretti, era un forte stimolo a reagire alle sconfitte della vita
stessa. Chissà se i nostri ragazzi sapranno reagire in questo modo, in questo
mondo.
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