La Turchia e la
libertà.
Pietro Giannini
20/07/2016
Due parole in antitesi. Perché in
Turchia la libertà non c’è più.
È stata cancellata da quel maledetto golpe
della notte tra il 15 ed il 16 luglio.
Erdogan non è nemmeno stato sfiorato da
una corrente d’aria, benché fosse in volo, come si disse, all’uopo, all’inizio
del Golpe, su un aereo privato e pieno di carburante, oppure al sicuro nel
posto in cui era in ferie, dopo essere stato allertato dai servizi segreti
degli amiconi sovietici fino a pochi mesi fa ancora acerrimi nemici.
Sembra che Erdogan abbia deciso di stare
con l’est anziché con l’ovest, per diversi motivi il primo dei quali è la
estrema vicinanza con la super-potenza russa. Ma il tutto è avvenuto a giugno
quando il califfo Turco, dopo l’accordo
con Israele, porge, nonostante la totale avversione
ben motivata dei suoi generali, le scuse
a Vladimir Putin per l’abbattimento
del caccia russo al confine con la Siria
avvenuto nello scorso 24 novembre.
Due le conseguenze immediate. Il vecchio
alleato ebreo torna ad essere un nuovo alleato mentre il riconquistato feeling
con Mosca gli porterà di sicuro un vantaggiosa intesa con lo zar Putin, sia
pratica che economica, specialmente sui gasdotti. Un’intesa proficua fra lo zar
ed il califfo, alla guida dei loro rispettivi paesi oramai da molti anni.
Irrimediabilmente.
I motivi per cui questo golpe è stato
attuato sono molteplici a cominciare da quello che a molti non sembra un golpe,
ma piuttosto qualcosa preparata ad hoc con Mosca, nell’intento di fare un
profondo repulisti fra i suoi avversari politici, detrattori, dissidenti e
quant’altro.
Non facciamo parte della CIA e neppure
dell’FSB (ex KGB), per cui ci sfuggono i misteri che avvolgeranno questo golpe,
le sue recondite motivazioni, i suoi prodromi.
Non ci possono sfuggire invece le conseguenze.
Tutti si aspettavano una reazione del
califfo, era ovvio che ci fosse, ma non di questa violenza e di queste
dimensioni. I numeri che si leggono sui quotidiani o sulle web news sono
terrificanti. Una maxi purga che non
tralascia nessuna parte del settore pubblico. Scuole, giustizia, impiegati
semplici, forze dell’ordine, tutti subiscono la rappresaglia feroce di Erdogan.
La cosa che ci sorprende e come mai in così poco tempo si possano effettuare
così tanti arresti di massa. La risposta è semplice e senza alternative, le
liste erano già pronte.
E questo conferma il primo dubbio sulla vera natura del
golpe.
Al dittatore turco però tutto ciò non
basta ed allora ecco la proposta di instaurare la pena di morte. E ieri arriva
la notizia capolavoro che mortifica anche la libertà di pensiero. Erdogan
prevede anche un tribunale speciale per i processi ai golpisti, un carcere di
massima sicurezza destinato a ospitare i condannati, e l’approvazione
dell’annunciato stato d’emergenza per 3 mesi.
E soprattutto la sospensione della
Convenzione europea per i diritti umani. Almeno per tutto il periodo in cui
resterà in vigore lo stato d’emergenza. Saranno “corrette” la struttura
organizzativa dell’intelligence e le relazioni tra potere civile e militare. Ci
sono debolezze sia a livello individuale che organizzativo nella struttura
dello Stato».
Anche la stampa, nel frattempo, è
finita nel mirino del Sultano. Diversi giornalisti, già noti per la loro
posizione avversa al governo, sono stati arrestati. I social FB e Twitter chiusi
ormai da tempo, perché pericolosi ed infetti veicoli di notizie.
Le televisioni
sotto controllo e molte radio private chiuse da qualche anno.
E non è finita qui perché il peggio
riguarda le donne che con la rivoluzione non c’entrano nulla ma che subiranno
le conseguenze di una ingiuriosa vergogna: la gogna del ritorno al velo nero,
perché questo chiedono gli ultrà fanatici di quell’islam che sta indicando a
tutti gli islamici la strada sbagliata per la Mecca.
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