L’aria che tira
Pietro Giannini 01/07/2016
Tira aria pesante e ce ne accorgiamo quando vediamo che molti dei nostri
politicanti saltano, con estrema disinvoltura, da un carro all’altro. Così sono
sempre sul carro giusto: quello del vincitore.
Questo “sport”, conosciuto con il nome di ‘salto della quaglia’, è
quello che consente a molti parlamentari di librarsi leggeri nell’aria e
passare da uno scranno all'altro delle aule parlamentari. Se qualcuno vuole,
può andare a consultare le cronache delle due camere: da quei documenti emerge
chiara la pratica “migratoria” di certi uccellacci che vanno, con frequenti
spostamenti, a cercarsi un posto al sole.
Tutto questo stormire di ali crea un serie di correnti d’aria che,
solitamente, sono dannose per il popolo che deve sopportare di vedere gente
che, eletta in un partito, passa ad altro partito o ad una coalizione di altri
migranti, o ad altra formazione di altro colore ma il tutto senza pudore e con
desolante "nonchalance".
Da che mondo è mondo, la storia umana è stata costellata di traditori,
di voltagabbana, di sedicenti amici, di falsi collaboratori che hanno
pugnalato alle spalle i loro amici, il popolo che li aveva eletti e la loro
stessa patria. Ma alla fine, ben pochi hanno avuto la possibilità di godere a
lungo dei frutti del loro tradimento, tranne quelli che razzolano nella
politica dei nostri giorni.
Tutti ci si sente traditi da questi Gano di Maganza in sedicesimo,
novelli Jago da opera buffa, Giuda dei trenta denari. In ognuno di essi si cela
un Bruto con il pugnale in mano, pronto a colpire chiunque, pur di ottenere una
prebenda qualsiasi, un utile personale.
Questa è una piaga che ha
origini lontane nella nostra storia politica. Ma senza arrivare a traditori
come Bruto e Giulio Cesare noi abbiamo memorie più recenti di omicidi a sfondo
politico-affaristico J.F.Kennedy, Aldo Moro, Enrico Mattei che fu assassinato
ed il suo caso insabbiato. Un lungo elenco di morti per tutelare loschi affari:
Michele Sindona come Gaspare Pisciotta e Salvatore Giuliano.
Questi ultimi non erano politici ma le loro morti furono morti
politiche, non così misteriose, poi, come fu detto all’epoca. Gli anni
trascorsi hanno evidenziato chiarissimi riferimenti a collusioni politiche.
Bisognerebbe staccare la spina e reinstallare tutto ex novo, formattare il
disco rigido ed eliminare il virus più resistente che sia mai stato creato: la
corruzione.
Il decadimento etico coinvolge tutti, nel bene o nel male, ed i nostri
deputati sono fra i primi responsabili di tale degrado morale. Il nostro
parlamento è ormai scaduto a bottega di vinaio, quasi una bettola squallida e
maleodorante. Sentendo parlare molti dei nostri parlamentari si ha la
sensazione di entrare non in luogo aulico, istituzionale, ma, piuttosto, in un
locale malfamato, quasi da suburra, un letamaio puteolente di corruttela e
malaffare.
A detta di molti di neo-eletti e sedicenti rivoluzionari, questo
parlamento avrebbe dovuto “essere aperto come una scatoletta di tonno per
scoprire tutti gli inciuci, gli inciucetti e gli
inciucioni: “quando illumini un ladro, il ladro non ruba più!” Parole di
Grillo.
Ma
l’unica cosa che è stata
tirata fuori da quelle scatolette è la parte deteriore di una politica miope
che puzza di marcio lontano un miglio. Il merito è tutto di quei partiti e
movimenti che, in barba all’educazione civica che non sanno cosa sia,
sghignazzano, urlano, insultano, offendono le persone e le istituzioni
trasformando l’aula parlamentare in una anticamera di postribolo.
E la gente sta a guardare inebetita, avvilita e narcotizzata
dell’intemperia di chiacchiere, discorsi fasulli, sciocchezze sesquipedali,
volgarità, e quant’altro possa partorire la mente infeconda, ma abbondantemente
scurrile, di un’accozzaglia di arroganti personaggi impegnati a fare un mestiere
più grande di loro.
In un periodo così triste per la nostra Democrazia e per le nostre storie, l’ultima lezione che i politicanti d’accatto dovrebbero risparmiare ai propri concittadini è quella sulla sincerità, sull’onestà e sul corretto modo di operare in politica.
Il fatto è che tutti, in maniera diversa, siamo stati traditi già da
molti anni dalla politica tradizionale e dai suoi rappresentanti; il patto che
legava i cittadini a questi ultimi, è stato stravolto dalla lotta per il potere
e per il denaro, formidabili mezzi per alimentare la corruzione. Il fetido
odore della depravazione avvolge l’aria e la rende irrespirabile. Perché i
cittadini, consci di quel che succede, non reagiscono e si ribellano?
Per una questione di cultura, laddove per cultura si intende quel coacervo di cognizioni intellettuali che si acquisiscono attraverso lo studio, si fondono con l’esperienza e si rielaborano attraverso il ripensamento personale e profondo, in modo tale da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della propria personalità morale, della propria spiritualità, del proprio gusto estetico.
È evidente che la cultura non si può inventare cosi come non tutti
possiamo essere Umberto Eco.
Basterebbe un minimo, però, per essere in grado di riconoscere la
demagogia, il populismo, il qualunquismo che condiscono i discorsi di oratori
sempre più disposti alla menzogna, all’invettiva, alla calunnia pur di avere un
voto in più. Il solo fatto di essere stati eletti non basta a trasformare un
ignorante in una persona capace di guidare una piccola comunità, una città o
anche un triciclo a pedali.
Ci vuole ben altro. Ci vogliono caratteristiche che molti neo eletti
spesso non hanno e non avranno mai fino a che non capiranno che governare un
paese, una città o qualcosa di più importante, è una cosa molto seria e
complessa perché si deve essere in possesso di valori etici, morali, sociali,
umani a loro assolutamente sconosciuti.
Così la sovranità non appartiene più al popolo ma ai ladri che
riempiono le piazze di chiacchiere, novelli istrioni di una politica da baraccone.
Riproduzione vietata
Commenti
Posta un commento