Populismo o
illusione?
Pietro Giannini 07/06/2016
In
questi giorni molti italiani sono andati a votare. Alcuni di essi ripeteranno
l’esperimento fra meno di due settimane. L’assenteismo, come sempre, ha pesato
notevolmente sul risultato di questa tornata amministrativa e peserà anche
sulla prossima giornata, quella del ballottaggio.
Le cause di ciò sono molte e non tutte
logiche, ma esistono e se ne dovrebbe prendere atto. Una delle più
macroscopiche è, a mio avviso, quella che riguarda proprio il periodo della
c.d. campagna elettorale. Secondo logica dovrebbe essere quel periodo di tempo
in cui ogni candidato presenta ai cittadini il proprio programma, cercando di
spiegarlo al meglio ai propri elettori e non solo a loro. Ma purtroppo non è
così.
Di
programmi, infatti, non ne parla più nessuno tanto, secondo il pensiero
dominante, siamo tutti sicuri che ciò non serva a nulla, visto che poi nessuno di
questi candidati si sognerà di mantenere quello che asserisce di voler fare.
Allora perché affannarsi a spiegare cose inutili? È più utile, e certamente più facile,
cavalcare, come si usa dire, la tigre della protesta ed abbandonarsi a quel
tipo di populismo estremo e spesso becero, nato nel 1993-94 e portato a
risultati stellari negli ultimi 5 anni.
La
conseguenza di questo nuovo modo di proporsi ai cittadini, se da un lato
infiamma le piazze ed esagita gli animi, dall’altro impoverisce culturalmente
il dibattito politico, allontanando da esso quanti ancora credono che la
politica non sia ancora ridotta al vociare dissennato dei talk-show, o delle
piazze gremite di gente che vuol sentirsi dire solo quelle cose che poi sente
effettivamente.
È
anche vero che la politica è fatta di parole, tutte le battaglie vengono
combattute con la parola perché notoriamente, la lingua ne fa fuori più che la
spada. Il motivo del temporaneo successo di costoro sta proprio nel fatto che
parlano la stessa lingua di quelli che li ascoltano, dicono le stesse cose che
pensano e che direbbero loro.
Il
populismo è un lucroso investimento che è sempre servito a nascondere sotto il
suo tappeto la polvere della cronica carenza d’idee, di programmi, d’ideologie.
Sono i
giovani i più attratti da questo tipo di approccio pseudo-politico, perché in
esso trovano una risposta ad una delle loro esigenze più pressanti: quella
relativa al loro presente. Purtroppo sono nati in una periodo di totale
precarietà sociale ed economica, senza lavoro, senza un futuro, senza
prospettive, sanno perfettamente che nella loro vita dovranno sempre rincorre un
futuro che non sarà mai un presente.
Essi si aggrappano così alla vuota speranza di
chi non promette nulla perché non ha niente da dare.
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