Tremate, tremate le streghe son tornate.

Pietro Giannini 22/06/2016


Questo slogan, negli anni ’70, fu il cavallo di battaglia del movimento femminista in Italia, che, nato sulle scorie del ’68, e importato da noi attraverso il più universale “Movimento di liberazione della donna” si proponeva l’affermazione dei diritti delle donne, nel sociale, nel privato e nella politica.

 Esso veniva ripetuto costantemente ed in modo assillante nel corso dei numerosi cortei femministi in qualsiasi posto essi si tenessero.
L’ altro slogan, molto più intenso dal punto di vista del significato, quasi un grido di guerra per le femministe d’Italia, fu: “l’Utero e mio e me lo gestisco io”.

Il movimento ottenne risultati diversi, alcuni molto importanti: la legge sull’aborto, la legge sul divorzio, il nuovo diritto di famiglia sono figli di quell’esperienza. 

Ma non solo, il movimento sviluppò anche il concetto dell’emancipazione femminile nell’ambito più strettamente politico laddove, l’amarginazione maschilista nei confronti dell’altro sesso, era una roccaforte inaccessibile e limitata a rarissimi accessi.

Su tutto ciò remava contro la destra populista e “machista” che avversò fin dall’inizio tale movimento, fino ad individuare una sorta di pericolo per le istituzioni affermando, con schizofrenica irresponsabilità, che le donne del movimento mirassero a scardinare oltre che le istituzioni anche la famiglia.

Il tempo ed i risultati ottenuti da quelle lotte, sono sotto i nostri occhi e chi voleva mandare al rogo quelle “streghe” oggi si trova ad avere a che fare con i successi ottenuti dal movimento femminista.

Dallo spoglio elettorale di questi giorni è emersa una realtà incontrovertibile: le donne che si affermano alla guida delle città sono sempre più numerose, sempre più agguerrite, sempre più preparate.
Attenzione però, non è che esse siano immuni dal contagio del virus della corruzione o di altro morbo virulento, visto che diversi esempi in tal senso ci hanno meravigliato in questi ultimi due anni. Ma la storia ci dice che i giudizi si esprimono sempre alla fine.

Abbiamo peraltro parecchi esempi di ottime Sindache (la Treccani suggerisce l’uso del femminile del sostantivo) quali, neanche tanto per dire, la Sindaca di Lampedusa, cui è universalmente riconosciuta una forza inesauribile nell’espletamento di un mandato difficile, irto di numerose difficolta, ma gestito con innegabile forza d’animo.

Adesso tocca alle neo elette dimostrare di essere all’altezza dell’arduo compito che le attende. Non siamo qui per giudicare nessuno, non avendone forse nemmeno la competenza, ma siamo parte di quella “vox populi” che attende che le promesse siano mantenute. Finora non è quasi mai successo.

Si sa che la realtà cozza sempre con una sorta di muro di gomma che è costituito per lo più, da una idiosincrasia congenita per qualsiasi cambiamento. Siamo tutti dei “gattopardi”: < Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi >.

Non ci conforta, ma ne siamo consapevoli.

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