Bergoglio e la Curia
Romana: Gesuiti e farisei.
Pietro Giannini 05-02-2017
Che nella Chiesa fossero presenti dissenzienti ed integralisti, non è cosa nuova. La fase rivoluzionaria di Bergoglio non poteva passare in silenzio, vuoi anche per la presenza indebita di molti cardinali massoni.
Sui manifesti contro il Papa, apparsi a Roma, viene chiesto, in stretto romanesco:” ma ‘ndo sta la tua misericordia”? E si enumerano una serie di fatti che non avrebbero evidenziato la misericordia di Francesco ma la sua volontà di perseguire piuttosto che perdonare.
È evidente che essi sono frutto di un rancore che ha origine più antiche, perché le sanzioni contro i farabutti pedofili non sono state all'altezza del reato. Se vogliamo essere sinceri, ci aspettavamo punizioni più esemplari.
Bergoglio è un gesuita che conosce bene i motti che distinsero, in una prima fase, (quella della fondazione) l'operato della Compagnia di Gesù, il primo fra i quali fu quel: "Perinde ac cadaver": Obbedire come corpo morto, che contraddistinse la Compagnia nei primi anni della sua fondazione.
Da questo motto nacque l’obbedienza cieca alle leggi del nuovo ordine che si era formato per opera di un nobile militare poi divenuto Santo: Ignazio di Loyola. Le origini di quest’ordine scaturirono dalla necessità di mettere un freno alla corruzione ed al malcostume che regnava nella Curia Romana, gravata dall’ignobile traffico delle indulgenze e dalla ricchezza di quella Chiesa che richiamava, all’interno di essa, politicanti corrotti quanto vogliosi di mettere le mani su quei tesori.
Com’è ovvio, l’immoralità di Pontefici con mogli, figli e concubine, non contribuiva a rendere chiara la differenza fra la politica e la Chiesa, entrambe marce e corrotte ed intersecatesi fra loro, nei secoli, con la salita al Soglio di Pietro, di Papi rampolli di grandi famiglie che esercitavano, già all’epoca, un forte potere politico.
I gesuiti col tempo divennero la spina nel fianco dei poteri forti che dominavano la Chiesa.
Rispondevano al loro Superiore Generale (il capo dell’ordine pro tempore) in maniera completa ed assoluta, quasi con fanatismo. Peraltro il capo dell’ordine era ritenuto, non sempre immotivatamente, uno che agendo all’ombra delle vesti ecclesiastiche, molto ampie e molto umbratili, riusciva, in alcuni casi, a manovrare il Papa tanto da essere indicato come il “Papa Nero”.
Tale stato di cose non era gradito a chi aveva loschi e nefasti scopi da perseguire all’interno della Curia Romana, fuorviata dal denaro e moralmente depravata.
E, così, venendo ai nostri giorni, risulta molto più chiaro il perché di quei manifesti integralisti e fuorvianti che mirano solo a proteggere il marcio che ancora esiste nella Chiesa di Roma.
È ovvio che il Nuovo Papa sia malvisto da una parte di quella Curia che, a causa dell’alacre attività di Francesco, ha visto ridurre le proprie autonomie e la propria libertà di trasgredire alle regole Evangeliche.
“Ad maiorem Dei gloriam” è il motto forse più conosciuto dei Gesuiti, ed è senza dubbio quello cui Papa Francesco si ispira più fortemente.
Che lo si voglia o no, è con lui che dovranno misurarsi.
20170205 Riproduzione riservata
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