Fantozzi made in USA

Pietro Giannini 09/11/2016



E venne il giorno della vendetta…. Se non fosse tragico rideremmo perché ci parrebbe il titolo di uno spaghetti western, ma non e così.

Donald Trump ha schiacciato, con la potenza delle sua macchina elettorale e propagandistica, foraggiata dai suoi miliardi e di quelli dei suoi sostenitori, la Clinton e con essa anche i Democratici USA che si trovano sconfitti anche alla Camera ed al Senato. Infatti Trump, con la sua vittoria, ha trascinato il proprio partito al governo dell’America. Meglio di così non si poteva.

Questo è veramente un evento importante per cui c’è veramente un solo uomo al comando. Per giunta pericoloso.

Conquistando la maggioranza nelle due Camere, ha ricompattato i Repubblicani, all’interno dei quali non avrà più antagonisti (anche in America esistono gli avversari interni), e potrà disporre di tale maggioranza, come vorrà, anche se dovrà essere molto più attento ed oculato a gestire questo potere che gli è caduto addosso.

Esattamente il contrario di quanto è successo fino ad adesso.

Seguendo i vari talkshow sulle televisioni di casa nostra, era emersa l’impressione, non infondata, che molti “esperti” nutrissero serie preoccupazioni circa una vittoria di Trump. Preoccupazione che a mio avviso sussiste ancora. E non perché fosse meglio la Clinton, ma perché fra i due mali, Hillary rappresentava il male minore. Ci si era ridotti a tifare per chi avrebbe fatto meno danni, vista l’inaffidabilità dei due soggetti.

Stamane però molti di quegli “esperti” hanno cominciato a tirare fuori la lingua, non per parlare ma per dare l’avvio al periodo dell’adeguamento.

Si è aperta infatti la fase del” ma si però” o del” beh in fondo” o del “Adesso ha capito che ha sbagliato e vedrete che sarà diverso…”

Siamo cioè in quella fase della vita degli esperti cosiddetta ‘della mutazione ideologica’ che si chiama anche “salire sul carro del vincitore”, sia per mancanza di una propria identità intellettuale ma soprattutto per mancanza di attributi.

È vero che si può sempre cambiare parere su una persona, su un argomento, su un evento qualsiasi; dire “mi sono sbagliato” non è un reato, ma è normale fase dialettica fra persone che ragionano, discutono, si confrontano.

Quello che turba è invece la facilità e la rapidità con cui lo si fa.

Ma la preoccupazione non è quella relativa ai molti slalomisti che imperversano nei nostri canali televisivi.

La vera preoccupazione è il presidente neo eletto e la sua incompetenza politica.

La sua discesa in campo ricorda quella di un altro miliardario che si inventò politico per proteggere le sue aziende e la sua persona dalle numerose illegalità nelle quali si era imbarcato.

Per quanto tutti si sforzino di non esasperare le loro preoccupazioni, pur tuttavia, le nuvole nere, quasi fantozziane, che gravitano sulla testa rossa di Trump, non sono relative alla sua inesperienza, ma a quanto egli ha predicato ai quattro venti nel corso della sua campagna elettorale.

Due sono i problemi più gravi che dovrà affrontare e che ha promesso di risolvere: il problema relativo ad una più larga diffusione delle armi e quello dell’immigrazione.

Ogni americano, secondo il Trump pensiero, deve essere messo nelle condizioni di difendersi da solo. Quindi armi per tutti sia negli uffici pubblici che nelle chiese, dimenticando in questa sua farneticazione, che gli USA sono la patria delle stragi a mano armata nelle scuole, il posto dove si contano ogni anno almeno 40mila vittime d’arma da fuoco. La liberalizzazione delle armi è una delle sue promesse elettorali più acclamate dalla gente; è ovvio che tali discorsi hanno fatto fregare le armi alle lobby degli armivendoli.

Per quanto invece riguarda l’immigrazione, l’idea di costruire un muro ai confini con il Messico e farlo pagare ai messicani, è senza dubbio chiarificante per quanto attiene alle sua idee sull'immigrazione. Nulla di tutto ciò può essere però paragonabile a quanto ha espresso durante la campagna elettorale testé conclusasi. Non per niente è stato acclamato dalle destre xenofobe europee dei Salvini, Berlusconi, LePen, degli Hofer e dei Gartner, ma soprattutto dal capo del Ku Klux Klan americano. Una bellissima ammucchiata di violenza nera, non c’è che dire…

Coraggio, come dicevamo nel ‘68 «Ce n’est qu’un début, continuons le combat!»

Incomincerà adesso la nuova rivoluzione americana?


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