Il vangelo secondo Matteo.

Pietro Giannini 09/12/2016


Mi piacerebbe sapere quanta gente, fra quella che va in chiesa tutti i santi giorni, conosce a menadito la Bibbia o il Vecchio o Nuovo Testamento e quant'altro, riuscendo a citare anche i numeri dei versetti.

Credo siano pochissimi, preti compresi. Né tampoco al momento mi interessa la numerologia biblica.

Penso che quello che al momento prema a molti italiani sia di capire quanti, fra quelli che hanno votato Si o NO al Referendum testé concluso, abbiano ben compreso il significato del loro voto e se abbiano ben compreso cosa hanno votato. In sostanza se i moltissimi votanti (anche chi scrive) abbiano avuto ben presenti le motivazioni del Referendum.

Il post voto ci lascia molto dubbiosi, e non senza motivo.

Il Capo del Governo, sfiduciato dalla gente con una valanga di NO, ha rassegnato, come aveva promesso, le sue dimissioni, nonostante lo sciacallaggio mediatico di qualche populista d’accatto, che si sentiva in dovere di predicare ai propri seguaci che, in realtà, quelle dimissioni erano tutte una farsa, sentenziando ulteriormente che il Capo dello Stato sarebbe stato d’accordo nell'assecondare questa manfrina.

La verità ovviamente è del tutto diversa. Non si sa ancora – bisognerà aspettare la sera di lunedì 12 dicembre per capire - se il Presidente Mattarella, esaurite le consultazioni, darà ancora l’incarico a Renzi o ad altri, ma di sicuro un nome dovrà farlo.

Il problema è che nessuno, fra tutti i soloni che infestano il nostro parlamento, oggi è in grado di formare un governo senza il PD. È la legge dei numeri … e non c’è demagogia o populismo che tenga. Quindi si attenderanno le decisioni del Presidente.

Nonostante i NO ricevuti però, un reincarico al neo dimissionario Renzi non è da escludere; il problema è quello di stare a vedere se lui accetterà una simile proposta o meno.

Anche questo non lo decideranno i nazionalpopulisti di Salvini e di Grillo.

Tutto nasce dal fatto che Renzi non è riuscito ad essere abbastanza se stesso, non è riuscito a produrre quel cambio di marcia che tutti auspicavano; se a ciò si aggiunge la forte spinta di Grillo, con la sua demagogia qualunquista e fortemente populista, si capisce certamente il perché del NO ricevuto, ed in maniera così eclatante.

Ma si è buttata via l’acqua con tutto il bambino. Fuori Renzi ma fuori anche la Riforma.

Vedremo se l'Araba Fenice risorgerà dalle sue ceneri, come sarebbe logico attendersi da Matteo Renzi che in molte occasioni ci ha abituati a rinascite miracolose.

Il punto è che da questo risultato emerge che un “buon governo” avrebbe di sicuro evitato una sconfitta del genere. È quello che dicono tutti… Ma che vuol dire buon governo?

Intendersi su questo è fondamentale. A ben vedere di leggi buone ne sono state fatte, riduzioni sulle tasse (alle imprese per la maggior parte) pure, vedi ex canone TV. Chi vuole, può consultare l’almanacco parlamentare ed informarsi adeguatamente.

Quello che non si trova sulle cronache parlamentari è il modo di operare di Renzi, cosa che lui ha fatto molto male. Ha lasciato trapelare una inutile tracotanza, una superbia istituzionale non gradita a molti, una gestione della cosa pubblica del tutto scorretta e sopra le righe.

La sua predicazione sul cambiamento immediato e il tentativo di rottamazione di alcune cariatidi, riemerse adesso più forti di prima, non sono bastate allo scopo, perché subito dopo si è realizzato quel cerchio molto chiuso, chiamato “giglio magico”, all’interno del quale Renzi ha raccolto il centro di comando, impermeabile a qualsiasi infiltrazione, attento ad escludere chiunque non fosse disposto ad aderire ai “diktat” da lui stesso imposti.

Il motivo della sconfitta è questo: essersi allontanato dalla gente, dal popolo, dalla vita normale per chiudersi in un recinto con il nome di un fiore che rappresenta il candore, ma che non ha niente di candido.

Il sapore della sconfitta ha il retrogusto amaro delle vendetta della minoranza del suo partito, della vendetta di chi non è riuscito ad ottenere poltroncine di comodo o incarichi di prestigio, ma soprattutto dall'insofferenza di quella gente che si è sentita emarginata da lui e dagli altri petali del suo giglio.

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