La sconfitta della vittoria.
Pietro Giannini 05/12/2016
“Noi perderemo e perderemo alla grande”
Così si esprime il Tenente Daniel Kaffee (Tom Cruise) nel film “Codice d’onore” diventato ormai un cult.
Sembra che questa frase si attagli perfettamente all’esito del referendum di ieri 4 dicembre che ha visto una valanga di NO (19.419.507) prevalere sul SI (13.432.208).
La forte affluenza aveva fatto capire, già nella mattinata, che sarebbe stato un referendum particolarmente cruento, sia in un caso che nell'altro.
Peraltro tutta la campagna referendaria è stata condotta in maniera violenta, con attacchi molto pesanti contro il Governo e contro i singoli componenti di esso nell'intento, ben riuscito, di indirizzarla particolarmente sulla persona del Premier, anziché sui veri motivi del voto.
Va detto in coscienza, che lo stesso Renzi conferì fin dallo scorso anno un carattere fortemente personale al Referendum affermando infelicemente che se questo non fosse passato, lui si sarebbe dimesso. Pensava forse di ripetere il risultato delle elezioni Europee del 2014 in modo da poter essere divinizzato e innalzato nell'olimpo dei politici europei di primo piano. Un peccato di presunzione che ha pagato a caro prezzo, poiché la” personalizzazione del Referendum” ed il risultato emerso dalla consultazione, l’hanno, invece, affossato inequivocabilmente.
Ma non è solo questa la causa della vittoria del NO.
Un’altra causa nasce dalla considerazione che, in effetti, del Referendum non importasse niente a nessuno o comunque importasse a pochi. Numerosi servizi sia sui TG della varie TV pubbliche e private, facevano emergere che, una consistente quantità di italiani, non era adeguatamente a conoscenza dei motivi referendari. Molti addirittura nulla sapevano del CNEL (qualcuno ha detto che forse si trattava di un circolo ricreativo dell'ENEL), né cosa fosse il bicameralismo paritario.
Cose fondamentali perché riportate sulla scheda referendaria. Era ovvio che il referendum era stato trasformato in un caccia all'uomo.
Le dichiarazione del dopo voto, “more solito”, dicono oggi che tutti hanno vinto.
Trovare uno che abbia dichiarato di avere perso, sarebbe stato come trovare un ago in un pagliaio. Allora lo ha fatto Renzi che, ancora prima che lo spoglio dello schede fosse ultimato, ha indetto una conferenza stampa nella quale ha comunicato che oggi 5 dicembre si sarebbe presentato al Capo dello Stato per rassegnare le sue dimissioni.
Questo sarà forse l’ultimo atto di una vicenda che per un lunghissimo anno ci ha impedito di fare altro se non parlare di referendum. In tale spazio di tempo ci sarebbe stata certamente, per quanti avessero voluto saperne di più, la possibilità di leggere tutta la riforma, di approfondirne gli aspetti in maniera esaustiva, valutando i pro e i contro in maniera soggettiva, personale, con il proprio cervello.
Invece si è preferito portare il cervello all'ammasso, come si dice in certe occasioni, pensare con la testa di altri, farsi infinocchiare dalla favola del lupo cattivo, lasciarsi manipolare da demagoghi senza scrupoli che spesso sono stati anche pessimi amministratori, o da politicanti d’accatto che, con la pretesa assurda di essere la “bocca della verità”, hanno elevato la calunnia a forma di cultura etica primaria, da professare con rigore quasi religioso ed intransigente.
Il dopo voto sarà nelle mani del Capo dello Stato, com'è giusto che sia, a meno che i qualunquisti di quell'integralismo in “fieri”, non decidano di prendersela anche con Mattarella, già altre volte finito nel loro mirino.
Un futuro buio è, invece, lecito attenderlo. Non vi sono attualmente persone capaci di prendere in mano il comando, di gestire un Paese zeppo di contraddizioni, di problemi finanziari economici e sociali come il nostro. Né qualcuno ha attualmente in parlamento i numeri per farlo, viste le insormontabili differenze che caratterizzano i dissimili vincitori di questa “querelle”. Bisognerà attendere nuove elezioni e vedere se chi andrà a governare sarà all'altezza di farlo.
Finora non lo ha dimostrato nessuno.
Ma poi, è sicuro che questa vittoria - in effetti - non sia una sconfitta per tutti gli italiani?
Riproduzione vietata
Commenti
Posta un commento