La
post verità
Pietro Giannini 12/01/2017
Non si parla d'altro che di bufale ormai da parecchio tempo. Ma adesso va di moda qualcosa di diverso e siccome l’argomento è piuttosto significativo, per l’epoca che stiamo attraversando, non è male ragionarci sopra.
Si tratta della nuova tendenza alla post verità.
Umberto Eco già ne parlava nel 2011. In un suo articolo aveva espresso un concetto che oggi sembra ampiamente scontato, ma sei anni fa non lo era affatto. Diceva infatti: «Ormai internet è divenuto territorio anarchico dove si può dire di tutto senza poter essere smentiti».
I fatti di oggi ci dicono che questo concetto è stato ampiamente superato dalla capacità della “rete” di affermare il suo potenziale in fatto d’informazione.
Il rovescio della medaglia è dato dall'involuzione etica dei tempi che ha indotto una larga parte dei media a virare verso una più “soddisfacente” post verità.
Parola, questa, divenuta estremamente di moda fra i giornalisti di tutto il mondo ma il cui significato, pur non essendo oscuro, rappresenta quanto di peggio la gente possa attendersi da un organo d’informazione o da un “social”.
Infatti una delle definizioni, che a tale parola sono state date, dice pressappoco che essa è una sorta di “tendenza delle democrazie occidentali a non credere più ai fatti del dibattito politico, bensì alle menzogne pronunciate in tono sicuro”.
In effetti la menzogna non è altro che una affermazione assolutamente falsa, fatta con l’intento d’ingannare e sapendo di farlo coscientemente.
La piega presa dagli eventi al riguardo, in questi ultimi due anni, è stata così virulenta da contaminare istantaneamente la carta stampata che, non essendo vaccinata, ha contribuito non poco alla diffusione della malattia.
Il dibattito politico, fin dagli albori, non scevro da menzogne, ha contribuito da par suo a diffondere il virus. In breve sono sorti su internet moltissimi siti web di “notizie bufaline” che non hanno nulla di reale.
L’accademia della Crusca, dopo aver studiato questo termine, è arrivata a dire che «il neologismo post-verità descrive una società in cui conta l’apparenza e non la sostanza: una moda distorta dei nostri tempi, amplificata dalla velocità dei media».
In effetti è qualcosa di più.
È l’attitudine a ritenere vere alcune notizie indiscutibilmente false ma che hanno una tale forza emozionale da coincidere con la nostra rappresentazione ideale della verità. In pratica sono le verità che ci piacerebbe sentire o leggere. Rappresentano quella parte di noi, fortemente insoddisfatta, che trova una valvola di sfogo nell’irrealtà di una bugia.
In questo frastuono di menzogne non si può pensare di riuscire a percepire e distinguere le notizie vere da quelle false. Ciò, di fatto, rende estremamente complicato farsi una visione della realtà oggettivamente percorribile. Ci si impantana sempre più in un mondo illusorio, quasi onirico, sempre più lontano da noi stessi e dal vero.
La post verità diventa una “dittatura della menzogna”, l’antitesi perfetta della democrazia. L’affinamento delle tecniche della falsa comunicazione rende vieppiù indistinguibile la verità dalla menzogna, la notizia reale, dalla bufala. Soprattutto rende inaffidabile tutta l’informazione travolta da uno ‘tsunami’ di bugie spesso anche incolpevolmente.
Un anonimo mi pare che abbia detto: “la bugia e l’inganno hanno una data di scadenza e tutto alla fine si scopre. Nel frattempo, la fiducia muore, per sempre”.
Già…….
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