Un Paese contro.
Pietro Giannini 12-06-2017

Non è strano quello che sta succedendo con i vaccini. È bastato che qualche populista sparlasse dei vaccini che subito eccoti pronto un movimento anti. Ora a prescindere dalla singole posizioni che ognuno può avere sui vaccini, alcune legittime, altre indotte, a causa della fossa endocranica vacante, non ci si può meravigliare se sia nata un forte corrente contraria, perché sono esperienze già vissute, quindi non nuove e non saranno né le prime né le ultime.

Noi italiani dobbiamo essere sempre contro qualcuno o contro qualcosa. Non c’è via di scampo. Dall'aborto in poi è stata una continua reazione contro tutto quello che era stato fatto o che si stava per fare. Tutta la nostra storia è stata una lotta di uno contro l’altro: Roma contro Alba Longa e quindi Oriazi contro Curiazi, Romolo contro Remo, Guelfi contro Ghibellini, Capuleti contro Montecchi, abortisti contro non abortisti, finta destra contro finta sinistra, poliziotti contro occupanti disarmati, leghisti contro neri. Insomma, tutti contro tutti. Da noi l’importante è essere contro, anche se poi non si sa una mazza del perché si è contro.

Tutto ciò non consente ad alcun governo di fare il proprio lavoro nei tempi stabiliti e nemmeno nei modi stabiliti. Il tempo si passa a rintuzzare insulti, a presentare querele per diffamazione, a smentire bugie, a smacchiare giaguari, a pettinare bambole ed altre facezie di questo tipo. Tutto tranne che governare. Tutto tranne che portare il Paese fuori dalle secche in cui si trova.

La situazione perciò non fa che peggiorare. La paralisi del Parlamento, creata ad arte da partiti o movimenti populisti con il chiaro intento di fare apparire il governo incapace di governare, è un chiaro “modus operandi” che si tramanda da anni nella nostra terra. La Camera dei deputati, fatta per “parlare” discutere su progetti o disegni di legge, ogni volta diventa una bolgia perché le opposizioni non portano argomentazioni valide politicamente ma si abbandonano ad insulti beceri al partito ed alle persone che li rappresentano, o presentando tanti di quegli emendamenti che l’approvazione di una solo articolo di una legge richiederebbe un mese. E gli Italiani stanno a guardare senza capire. Ma è facile. L’ostruzionismo è l’unica arma delle opposizioni. Ed ecco che il governo allora è costretto, nella maggior parte dei casi, a chiedere il voto di fiducia di cui quasi tutti i partiti hanno fatto largo uso.

E così, fra l'insulto e lo sputo come dice De Andrè , scorre la vita parlamentare nella nostra Italia.

Le elezioni di ieri hanno confermato, ove ce ne fosse ancora bisogno, uno scollamento fra la gente e le istituzioni nelle quali oramai solo pochissimi credono ancora. Il numero dei non votanti cresce ad ogni elezione e mezzo Paese non vuole questi governanti, tant'è che non va a votare. Quelli che restano sono divisi far il c.d. centro sinistra, il c.d. centro destra, ed i 5S. La speranza nel nuovo che avanza muore nei risultati di questa tornata elettorale nella quale sono emerse diverse realtà.

Il blocco che doveva rivoluzionare l’Italia è naufragato sotto errori ed imbrogli che la gente non ha mancato di punire. Così i 5S sono usciti indecorosamente di scena. Si è ritornati ai due vecchi blocchi di sinistra e destra. La gente ha pensato che non c’era bisogno di ingrossare il gruppo del malaffare ed ha preferito tenersi quelli che già conosceva. Nelle amministrative si ha la tendenza a guardare le cose con occhi più severi perché si vive a più diretto contatto con gli amministratori locali.

Le politiche sono un’altra storia.

L’altra cosa che salta agli occhi è che nessuno se l’è sentita di votare quei partiti che avevano fallito nella guida delle città che avrebbero dovuto guidare. Il risultato ha dunque l’amaro sapore di una punizione, non solo per i 5S. Anche per alcune realtà dove il PD aveva sempre vinto e che adesso li vede soccombere ad una destra che anche se litigiosa per le intemperanze di Salvini, pur tuttavia tiene bene e si gode il suo momento di vittoria. Il Pd deve invece recriminare su una frattura interna che ha portato via al partito di Renzi almeno il 7-8% . Con loro il PD sarebbe ben sopra il 35% . Ma chi rompe paga. E difatti pagano.

Né si può credere che la frattura si possa ricomporre perché l’astio che regna fra le parti ha origini oramai vecchie. Il desiderio di punire l’arrogante sicumera di Renzi ha accecato i fuoriusciti facendogli perdere il lume della ragione. I risultati si vedono.

Ma quando si litiga la colpa non è mai di uno solo. Tutti hanno qualche scheletro nel loro armadio. Invece che smacchiare giaguari, si potrebbe dare una ripulita in casa, magari liberandosi di quegli squallidi scheletri puzzolenti che si tengono ben nascosti in casa.


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