Il COVID 19 ha inaugurato in Italia il “Festival della
vacuità”
di
Pietro Giannini 29/03/2020
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Non v’è ora del giorno (di ogni giorno)
in cui qualcuno non prenda il suo smartphone e non s’immortali in un post
delirante su governo, ministri, virus e sue complicazioni e non suggerisca una
cura, un’attenzione, una cosa qualunque che secondo loro dovrebbe essere
miracolosa, mentre il più delle volte si rivela pericolosa.
Aveva ragione Umberto Eco quando,
appena otto mesi prima di lasciarci, ebbe a dire, in un’intervista a proposito
dei social: ''Danno diritto di
parola a legioni di imbecilli''.
Un profeta non avrebbe saputo dirlo meglio.
Questo è l’aspetto spesso reso esasperante per la moltitudine di esseri umani
che popola i ‘social’ (anche noi siamo fra essi). Un abisso di parole buttate
al vento che non servono a nessuno, ma si fanno lo stesso. L’importante è
esserci, comparire, farsi conoscere, farsi vedere, essere per un momento attori
protagonisti di un vicenda che forse riguarda solo loro (al massimo qualche
parente). Una corsa sfrenata verso la pubblicizzazione della propria persona,
che contrasta nettamente con la corsa che tutti facciamo verso la riservatezza,
verso la privacy.
Quest’ultima conta ma fino ad un certo punto.
Almeno fino a quando non riteniamo più importante il comparire rispetto
all’essere mistificando la nostra stessa realtà. Il post è in effetti una
mistificazione, una bugia un essere altro da se stessi. In quel momento siamo
ciò che ci piacerebbe essere ma che non saremo mai. Un ologramma della realtà
angusta che ci ospita e ci condanna all’anonimato. Sardine che si atteggiano a
squali senza denti.
Il Covid 19, vuoi per la forzata costrizione
delle nostre abitudini cui ci costringe la ferocia della suo morso, sta acuendo
il fenomeno per cui la gente, che prima andava a fare una corsetta o portava i
bambini ai giardini, o il cane a fare i suoi bisogni, ora è costretta a stare
in casa, ma invece di cogliere l’occasione per leggere un buon libro e colmare
così quel vuoto di conoscenza, di sapere che ognuno di noi sente
dentro di sé e che non si è riusciti a colmare per motivi diversi (lavoro,
impegni, famiglia), preferisce mostrare
a tutti quel vuoto, quella vacuità culturale che si rivela più forte del Virus
nel nostro paese, esponendosi in prima persona, in un post, in un filmato o in
una foto qualsiasi e imponendo all’etere un discorso spesso mortificante anche
per chi ascolta. Ora penso che ognuno sia libero di fare quello che vuole della
sua persona, del suo privato, della sua vita. Ma così cosa resta?
Il Covid 19
non ci sta colpendo solo nel corpo ma anche nella mente.
(Riproduzione
riservata).
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