La morale sconfitta dall’ipocrisia
di Pietro Giannini 16/06/2020
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Per una volta non parliamo di Covid 19 ma parliamo di un
virus altrettanto pericoloso per il nostro tessuto sociale: l’ipocrisia.
Essa è definita con molta chiarezza da La Rochefoucauld come la simulazione estesa, specialmente
all'ambito dell'atteggiamento morale o dei rapporti sociali e affettivi. Non è
umiltà vera è un omaggio che il vizio rende alla virtù.
La definizione è
perfettamente calzante al caso che discutiamo.
Parliamo dell’imbrattatura della
statua di Montanelli in Milano. Oltre che imbrattarla tutta di colore, sul
basamento sono state scritte le parole “razzista stupratore” in relazione ad alcuni controversi episodi della vita di Montanelli, rivendicati da lui stesso
in prima persona come la violenza
sessuale su una ragazzina eritrea durante
l’invasione italiana dell’Etiopia raccontata
senza pentimenti ancora nel 2000.
Due cose sono da condannare delle quali la prima
attiene all’indecente comportamento di teppisti inqualificabili ed
imperdonabili per aver rovinato il lavoro di un artista esemplare qual'è Vito
Tongiani che pochi anni prima aveva realizzato una statua notevole, dedicata a
Puccini.
La seconda invece entra nel merito
della necessità di realizzare tale statua.
Infatti la decisione di dedicargli
una statua fu presa nel 2005 dall'amministrazione di centrodestra di Milano,
guidata dal sindaco Gabriele Albertini (in carica dal 1997 al 2006). Sembra che
l’idea fosse stata proprio dello stesso sindaco.
Nel 2005 il Corriere della
Sera scrisse che il sindaco considerava Montanelli «un secondo padre» e
che teneva così tanto alla statua che per commissionarla avesse saltato un
importante seduta del consiglio comunale in cui si doveva discutere della vendita della società che gestisce gli
aeroporti di Milano, la SEA.
Evidentemente per Albertini era più importante fare una statua ad un giornalista fascista, che la trattativa per gli aeroporti milanesi. Anzi, all'atto dell’inaugurazione della statua, Albertini definì Montanelli “Patrono laico della città”.
Non v’è
dubbio che sia stato un buon giornalista ed anche se non se ne condivide
l’ideologia, bisogna dare a Cesare quel ch’è di Cesare.
Ma la
statua non è stata solo “colorata” di rosso, colore antitetico all'ideologia
fascista di Montanelli, perché sulla base della stessa campeggiava, stavolta in
nero, la scritta “razzista stupratore”.
Non
ripercorrerò tutta la sua vita dalla gioventù agli ardori nazifascisti ed alla
sua attività di giornalista, sempre razzista e sempre fortemente destrorso, perché
sono noti i fatti.
Ma un
dubbio pesante assale, legittimamente, chi si chiede come mai si sia scelto di
dedicare una statua ad una persona che è stata fascista fino alla fine,
razzista, stupratore di minorenni e quindi anche pedofilo.
Si sono
erosi, forse nel tempo, quei valori etici che erano alla base della nostra
civiltà, e così la scelta di un monumento ad uomo meritevole solo di saper
scrivere, dimenticando il suo passato predatorio ed inconfessabile,
diventa una ipocrisia perbenista, frutto di una ragionamento distorto che mira
a cancellare la parte oscura ed oscena di un uomo che non è riuscito, pur con
la sua abilità di scrittore, a coprire le sue malefatte.
Siamo ciò da cui veniamo e nulla può farci dimenticare il passato perché esso è
il tessuto della nostra identità.
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