L' impossibilità di essere normali

 di Pietro Giannini



Non è normale che quattro citrulli uccidano un bambino di 5 anni e feriscano la sua sorellina e la madre per girare un video che sarebbe servito solo a dimostrare ai loro followers che erano personaggi tosti e da ammirare per il loro coraggio.

Cosi Youtube, da possibile fonte anche culturale, diviene insensata palestra di cretineria allo stato puro.  Tutto viene mercificato, quantizzato, tradotto in visibilità e in denaro. 

Affittare una Lamborghini per due o tre giorni può costare cifre salatissime (sui trentamila euro compresa la quota di cauzione). Non poco per chiunque. Ma questi giovinastri avevano denaro da spendere e che gli veniva dalla messa online dei filmini che giravano continuamente.  Ma ben presto hanno scoperto che questo tipo di “intrattenimento” poteva dar loro anche quattrini, e così il divertimento è diventato un «lavoro divertente».

Ci chiediamo cosa c’entri tutto questo con la morte di un bambino e quanta stupidità sia necessaria perché un divertimento diventi un assassinio.

Ci chiediamo se le loro famiglie fossero al corrente delle bravate di questi loro immaturi rampolli.

Ci chiediamo anche come si sia arrivati al punto in cui genitori e figli siano diventati estranei, pur abitando insieme da moltissimi anni nella stessa casa.

 Ci chiediamo infine se veramente la cosa più grave sia l’assenza perdurante, nella loro vita, della famiglia e delle istituzioni. Entrambe intese come luoghi dove avviene la prima formazione del futuro uomo.

La vita di oggi, con i suoi aspetti a-socializzanti, lascia molti giovani orfani di quella che è la prima cellula di accoglienza della loro vita, fondamentale per il loro futuro: la famiglia. 

Il lavoro sempre più frenetico, più intenso, con turni sempre più disumani, rende difficile qualsiasi convivenza all'interno di un nucleo familiare, così, ogni membro di essa, diviene sempre più estraneo all'altro.                   

Ci si frequenta sempre meno e ci si vede, tutti insieme, sempre più di rado.

È una folle solitudine che porta i ragazzi, abbandonati a se stessi, al pessimismo, all'insoddisfazione, all'insicurezza. Tutti elementi che determinano la necessità di cercare fuori casa quel che in casa non c’è più o non c’è mai stato: il dialogo.  

E crescono allo stato brado, incontrollati, incontrollabili tanto che non fanno quasi più fatica a prendere il sopravvento su una famiglia che non c’è più, sfuggendo a qualsiasi controllo parentale. 

Ma fuori le mura, già poco accoglienti di casa propria, c’è un in agguato un sistema sociale vieppiù deteriorato, con i suoi mali,  le sue sconfitte morali, i suoi peccati capitali, i suoi vizi e le mille profferte di una collettività squallidamente commerciale, che esercita un fascino irresistibile su queste menti un po’ deboli, e che crea ad arte dei “bisogni” assolutamente inutili, ma altamente vantaggiosi economicamente che, con adeguata pressione pubblicitaria, spingono all’eccesso la frenesia di possedere il nuovo oggetto del desiderio del momento.  

Ed è il forte impulso del desiderio che spinge a ricercare modi, anche violenti, per appagarlo. 

Abbandonano, se mai li avessero avuti, i più elementari valori di civile convivenza, per aprire la porta alla violenza spicciola, all’abuso quotidiano, si creano piccoli gruppi di facinorosi bulli da strada che terrorizzano, e derubano i compagni di scuola meno protetti.

Privi di sane motivazioni, cercano di crearsene di altro tipo, e si abbandonano al peggio che c’è in ognuno di noi. Da veri gangster in erba picchiano, derubano, cercano facili soldi per bere ed ubriacarsi o drogarsi. Violenti con se stessi e con gli altri, non cercano nemmeno di intavolare una discorso con i loro genitori sempre più impegnati e sempre più assenti. 

La perdita di questi elementi valoriali spinge i più deboli al di fuori del consesso civile, spesso anche oltre i confini del lecito, laddove si assottiglia la distanza fra l’indifferenza e l’odio.

Le cause di questo dramma, che percuote con violenza le vite dei nostri ragazzi, sono talmente vaste, profonde e radicate nella nostra società civile, che non basterebbe un anno per individuarle e per descriverle. 

Quello che è naufragato miseramente, sotto i colpi del disagio degli adolescenti, è senza dubbio la speranza di un futuro. La nostra società non aiuta i giovani a trovare un lavoro, non offre prospettive valide di occupazione, non garantisce un’esistenza decente, non alimenta la speranza, ma solo la fuga lontano da qui e dove ci sia lavoro. 

La caducità della vita, cui si ispirava Ungaretti, era un forte stimolo a reagire alle sconfitte della vita stessa. Chissà se i nostri ragazzi sapranno reagire in questo modo, in questo mondo.

 

 

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